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60 ATTO SECONDO

Fulgenzio. Ma perchè addomesticarvi col signor Conte? Perchè trattarlo subito con confidenza? e palesargli l’impegno che avete meco? E perchè darmi ad intendere vostra sorella ch’ei parte presto, ch’era venuto poc’anzi? perchè dirmi delle bugie? perchè darmi occasione di sospettare?

Eugenia. Ah Fulgenzio, non sono io che vi do occasione di sospettare, ma la poca fede che avete di me fa inquietar voi, ed insulta la mia onoratezza: quali domestichezze ho io praticate col Conte, oltre l’onesta convenienza di sedere in conversazione, unicamente per compiacere a mio zio? M’imputate a delitto l’avergli palesato l’amor che ho per voi? Lodatemi anzi d’averlo fatto. Segno che vi amo davvero, e che la mia sincera dichiarazione tende a disingannare chi per avventura si lusingasse di me. La povera mia sorella conosce il vostro temperamento. Le sarà parso vedervi entrare burbero e sospettoso. Amore l’indusse al desio di acchetarvi, e la debolezza le diè il cattivo consiglio. Tutto ciò non sarebbe niente, se voi non foste mal prevenuto. E qual motivo avete di sospettare di me? V’ho date io scarse prove dell’amor mio? Vi pare che sia di voi poco accesa? Non vi bastano le mie lacrime, i miei sospiri? Sono inquieta, è vero; ma le mie inquietudini sono partorite da amore. Vi tormento, sì, qualche volta, ma chi ama davvero soffre un leggier travaglio, in grazia di quell’oggetto che piace. Fulgenzio mio, non vi tormenterò più. Voi mi abbandonerete, ed io vi amerò in eterno. Troverete un’amante di me più amabile, più ricca, più meritevole, ma non più tenera, nè più fedele. Se vi dà pena il vedermi, privatemi della vostra vista, ma conservatemi i giorni vostri. Vivete, o caro, se non per me, almeno per voi medesimo. Ancor che mio non siate, sì, ve lo giuro, io sarò sempre vostra, e lo sarò fin che viva, e lo sarò colla maggiore tenerezza del cuore.

Fulgenzio. Anima mia dolcissima, cuor mio caro, vi domando perdono, compatitemi per carità, (s’inginocchia a’ piedi di Eugenia, e restano tutti e due senza parlare.)