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LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA | 123 |
Brigida. S’è accorto di niente il signor Leonardo?
Giacinta. Non credo. Uso ogni arte, perchè egli non se ne accorga, ma ti giuro ch’io patisco pene di morte. Quel dover usar al signor Leonardo le distinzioni che sono da una sposa ad uno sposo dovute, e vedere dall’altra parte a languire, a patire colui che mi ha saputo vincere il cuore, è un tale inferno, che non lo saprei spiegare volendo.
Brigida. Ma come ha da finire, signora mia?
Giacinta. Questo è quello ch’io non so dire, e che mi fa continuamente tremare.
Brigida. Finalmente ella non è ancora sposata.
Giacinta. E che vorresti tu ch’io facessi? Che mancassi alla mia parola? Che si lacerasse un contratto? L’ho io sottoscritto. L’ha sottoscritto mio padre. È noto ai parenti, è pubblico per la città. Che direbbe il mondo di me? Ma vi è di peggio. Se si scoprisse ch’io avessi della passione per questo giovane, chi non direbbe che io l’amava in Livorno, che ho procurato d’averlo meco per un attacco d’amore, e che ho avuto la temerità di sottoscrivere un contratto di nozze col cuore legato, e coll’amante al fianco? Si tratta della riputazione. Sono cose che fanno inorridire a pensarvi.
Brigida. Per bacco! Me ne dispiace infinitamente. Ma non dicevasi comunemente, che il signor Guglielmo avesse della premura per la signora Vittoria?
Giacinta. Non è vero niente. E arte la sua, è finzione, per nascondere la parzialità che ha per me.
Brigida. Dunque lo sa il signor Guglielmo, che V. S. ha della passione per lui.
Giacinta. Ho procurato nascondermi quanto ho potuto, ma se n’è accorto benissimo, e poi quella vecchia pazza di mia zia, vecchia maliziosissima, se n’è anch’ella avveduta, e in luogo d’impedire, di rimediare, pare che ci abbia gusto ad attizzare il foco, ed ha ella una gran parte in questa mia debolezza.
Brigida. A proposito della vecchia, eccola qui per l’appunto.