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146 ATTO TERZO


Brigida. Li trovano le padrone e i padroni? Li possiamo trovare anche noi.

Paolino. Sì, è vero, nascono in villa di quegli accidenti, che non nascerebbero1 facilmente in città.

Brigida. N’è nato uno alla mia padrona degli accidenti, che dubito se ne voglia ricordar per un pezzo.

Paolino. Che cosa le è accaduto?

Brigida. Mi dispiace che non posso parlare; del resto sentireste delle cose da far arricciar i capelli.

Paolino. Qualche cosa certo convien dir che sia nato. Il mio padrone è agitatissimo; la signora Giacinta pare stordita. Io sono stato dietro di loro, come sapete, a servire a tavola; e so che in tutti e due non hanno mangiato un’oncia di roba.

Brigida. E chi era dall’altra parte della mia padrona?

Paolino. Il signor Guglielmo.

Brigida. Maladetto colui! Non la vuol finire. Vuol essere la rovina di questa casa.

Paolino. Vi è qualche imbroglio forse fra lui e la vostra padrona?

Brigida. Eh! no, non c’è niente. E la signora Vittoria dov’era?

Paolino. Vicino anch’essa al signor Guglielmo.

Brigida. Guardate che galeotto! Andarsi a mettere in mezzo di tutte e due.

Paolino. Di quando in quando con quella sua patetichezza diceva qualche parola alla signora Giacinta; ma non ho potuto capire.

Brigida. Se n’è accorto il signor Leonardo?

Paolino. Una volta mi pare di sì. Tant’è vero, che nel darmi il tondo da mutare, l’ha fatto con tal dispetto, che ha urtato nella spalla della signora Giacinta, e le ha un poco macchiato l’abito.

Brigida. Le ha macchiato l’abito nuovo? Avrà dato nelle furie la mia padrona.

  1. Così l’ed. Zatt. L’ed. Pasquali stampa nascerebbono.