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IL RITORNO DALLA VILLEGGIATURA 289

Ferdinando. Perchè si è vestita da sposa.

Vittoria. No, v’ingannate. Sono vestita un poco decentemente per far visita alla signora Giacinta.

Guglielmo. Volete andar ora dalla signora Giacinta?

Vittoria. Sì, certo; giacchè l’ho da far questa cerimonia, me ne vo’ spicciare immediatamente.

Guglielmo. Andate sola?

Vittoria. Voleva che venisse con me mio fratello; ma i suoi affari non gliel’hanno permesso.

Guglielmo. Vi servirò io, se lo comandate.

Vittoria. Oh! signor Guglielmo, la ringrazio della bontà che ha per me; questa è la prima volta ch’io la ritrovo meco così gentile. No, no, signore, non le voglio dar quest’incomodo. (ironicamente)

Ferdinando. (Ora principia la visita a divertirmi).

Guglielmo. Signora, scusatemi. Io credo che l’andarvi insieme non sia che bene. Sono in debito anch’io di far un simil dovere col signor Filippo e colla signora Giacinta; e se mi accompagno con voi, non ne dovreste essere malcontenta.

Vittoria. Mi ricordo il vostro saggio riflesso. Finchè non siete mio sposo, non è conveniente che ci veggano andar insieme.

Ferdinando. Dice bene; parla prudentemente. Andate voi a sollecitare il notaio. Io avrò l’onor di servirla dalla signora Giacinta.

Vittoria. Non sarebbe mal fatto che al mio ritorno, fra un’ora al più, vi ritrovassi qui col notaio. (a Guglielmo)

Guglielmo. E volete andare col signor Ferdinando?

Vittoria. Sì, andrò con lui, per non andar sola.

Guglielmo. Con lui vi piace, e con me vi dispiace?

Ferdinando. Io mi esibisco per far piacere ad entrambi.

Vittoria. Con lui non posso essere criticata. (a Guglielmo)

Guglielmo. Sì, signora, ho capito. Il mio cattivo temperamento v’annoia. Il signor Ferdinando è spiritoso e brillante. Principiate assai di buon’ora a farmi comprendere che io devo essere un marito poco felice. Parliamoci chiaro, signora: se io vi dispiaccio, siete ancora in libertà di risolvere.