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304 | ATTO SECONDO |
Giacinta. No, non sono in collera. Ti ascolto placidamente. Che cosa ti ha detto?
Brigida. Aveva in mano una lettera...
Giacinta. Per chi una lettera?
Brigida. Per voi.
Giacinta. Per me una lettera? Hai tu avuto l’imprudenza di prenderla?
Brigida. Signora no, signora no; non l’ho presa. (Se le dico di averla presa, mi salta agli occhi).
Giacinta. (A me una lettera? Che mai avrebbe egli ardito di scrivermi?)
Brigida. (Non la voleva; me l’ha voluta dare per forza),
Giacinta. (Per altro mi avrebbe potuto giovar moltissimo sentir com’egli pensa presentemente).
Brigida. (Faccio conto di gettarla nel foco).
Giacinta. Ti ha detto nulla nel volerti dare la lettera?
Brigida. Niente affatto, signora.
Giacinta. Come hai fatto a capire che ti voleva dare una lettera?
Brigida. Mi ha chiamato. Ho veduto ch’egli aveva la carta in mano.
Giacinta. E come sapesti che quella carta veniva a me?
Brigida. Me l’ha detto.
Giacinta. Dunque ti ha parlato.
Brigida. Due parole si dicon presto.
Giacinta. E perchè hai tu ricusato di pigliar quella lettera?
Brigida. Perchè è un impertinente, che non vuol finire d’importunarvi.
Giacinta. Gran disgrazia è la mia, che tu abbia sempre da fare il peggio. Sono in un’estrema curiosità. Pagherei quanto ho al mondo, a poter veder quella lettera che tu hai ricusato di prendere.
Brigida. Ma io, signora...
Giacinta. Tu vuoi far sempre la sufficiente, la politica, la dottoressa.
Brigida. Eh! vi conosco, signora, voi dite così per assicurarvi se io l’ho presa, o s’io non l’ho presa.