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IL RITORNO DALLA VILLEGGIATURA | 315 |
tatemi colla risposta. (in atto di partire) Non sarebbe meglio ch’io la facessi venir qui, e che le diceste qualche cosa voi?
Fulgenzio. Perchè non le volete parlar voi?
Filippo. Le parlerò poi ancor io.
Fulgenzio. Via, andate, e fatela venir, se volete.
Filippo. Subito, immediatamente. (Felice me, se succede! Se resto solo, se non isminuisco l’entrata, me la voglio godere da paladino), (parte)
SCENA III.
Fulgenzio, poi Leonardo.
Fulgenzio. La cosa finora va bene. Basta che non ci faccia disperare quel capolino di sua figlia.
Leonardo. Signor Fulgenzio, mi par che siamo a buon porto.
Fulgenzio. Avete sentito?
Leonardo. Ho sentito ogni cosa. Prego il cielo che Giacinta si accomodi a questa nuova risoluzione.
Fulgenzio. Or or sentiremo. Finalmente, se il padre non è un babbuino, la figliuola dee rassegnarsi.
Leonardo. Pensava a un’altra cosa, signor Fulgenzio. Come ho da fare per i debiti di Livorno? Ho d’andarmene di nascosto? Ho da fare una figura trista?
Fulgenzio. Ho pensato anche a questo. Stabilito che sia il nuovo accordo col signor Filippo, voi farete a me una procura. Metterete i beni vostri nelle mie mani, ed io mi farò mallevadore per voi: pagherò i creditori, e col tempo vi renderò i vostri effetti liberi, netti, e ben custoditi.
Leonardo. Oh cieli! Io non ho termini sufficienti per ringraziarvi.
Fulgenzio. Ringraziate vostro zio Bernardino.
Leonardo. E perchè ho da ringraziare quel sordido?
Fulgenzio. Perchè io ho sempre desiderato di farvi del bene; ma per cagion sua mi ci sono impegnato a tal segno, che sagrificherei del mio se occorresse.
Leonardo. Sì, ma non lo fareste se non aveste un cuor buono.