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IL BUON COMPATRIOTTO 391

Costanza. Se ghe piase!

Isabella. E a chi ha intenzione di voler mantener la parola?

Costanza. La leza sta polizza, e la sentirà.

Isabella. Che viglietto è questo?

Costanza. Un biglietto de sior Ridolfo.

Isabella. A chi lo scrive?

Costanza. La leza e la sentirà.

Isabella. (Legge) Ridolfo de’ Citroccoli, con quest’unica carta fa i suoi umilissimi complimenti colla signora Isabella de’ bisognosi, colla signora Rosina Argentini e colla signora Costanza Toffolotti...

Costanza. Che son mo mi.

Isabella. (Legge) Rende grazie a tutte tre delle loro finezze, gli dispiace non poter adempire con tutte tre i suoi impegni, e per non far torto a nissuna, le riverisce divotamente, e parte immediatamente per Napoli.

Costanza. Ala sentio?

Isabella. E dov’è presentemente il signor Ridolfo?

Costanza. Intanto che mi giera in soffitta a far i fatti mii, l’ha tolto suso el so bauletto, l’è montà in barca, el se l’ha fatta, e el n’ha lassà co sto bel complimento.

Isabella. E che cosa dite di quest’azione?

Costanza. Cossa disela ela?

Isabella. Io dico che un uomo simile non merita la mia stima.

Costanza. E mi digo, che se el gh’avesse in te le ongie1, Io vorria frantumar come un pulese2.

Isabella. Indegno!

Costanza. Tocco de desgrazià!

Isabella. Con una figlia mia pari!

Costanza. Con una vedua della mia sorte!

Isabella. Ah, mio padre me lo prediceva.

Costanza. El cuor me l’ha ditto.

Isabella. Confesso che ho della pena a scordarmelo, ma converrà superarmi.

  1. Nelle unghie.
  2. Come una pulce.