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LE SMANIE PER LA VILLEGGIATURA 57


Giacinta. Oh! incomodarmi? Quando vi ho sentito venire, mi si è allargato il cuore d’allegrezza.

Vittoria. Come state? State bene?

Giacinta. Benissimo. E voi? Ma è superfluo il domandarvi, siete grassa e fresca, il cielo vi benedica, che consolate.

Vittoria. Voi, voi avete una ciera che innamora.

Giacinta. Oh! cosa dite mai? Sono levata questa mattina per tempo, non ho dormito, mi duole lo stomaco, mi duole il capo, figurarsi che buona ciera ch’io posso avere.

Vittoria. Ed io non so cosa m’abbia, sono tanti giorni che non mangio niente: niente, niente, si può dir quasi niente. Io non so di che viva, dovrei essere come uno stecco.

Giacinta. Sì, sì, come uno stecco! Questi bracciotti non sono stecchi.

Vittoria. Eh! a voi non vi si contano l’ossa.

Giacinta. No, poi. Per grazia del cielo, ho il mio bisognetto.

Vittoria. Oh cara la mia Giacinta!

Giacinta. Oh benedetta la mia Vittoria! (si baciano) Sedete, gioia; via, sedete.

Vittoria. Aveva tanta voglia di vedervi. Ma voi non vi degnate mai di venir da me. (siedono)

Giacinta. Oh! caro il mio bene, non vado in nessun loco. Sto sempre in casa.

Vittoria. E io? Esco un pochino la festa, e poi sempre in casa.

Giacinta. Io non so come facciano quelle che vanno tutto il giorno a girone per la città.

Vittoria. (Vorrei pur sapere se va o se non va a Montenero, ma non so come fare).

Giacinta. (Mi fa specie, che non mi parla niente della campagna).

Vittoria. È molto che non vedete mio fratello?

Giacinta. L’ho veduto questa mattina.

Vittoria. Non so cos’abbia. E inquieto, è fastidioso.

Giacinta. Eh! non lo sapete? Tutti abbiamo le nostre ore buone e le nostre ore cattive.

Vittoria. Credeva quasi che avesse gridato con voi.