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LE SMANIE PER LA VILLEGGIATURA 81


con cui ho trattato sempre con voi, ho trattato col signor Guglielmo e con altri. Mio padre lo ha invitato con noi, ed io ne sono stata contenta, come lo sarei stata d’ogni altro; e vi lagnate a torto, se di lui, se di me vi dolete. Ora poi che dichiarato vi siete, ora che rendete pubblico l’amor vostro, che mi fate l’onore di domandarmi in isposa, e che mio padre lo sa e vi acconsente, vi dico che io ne sono contenta, che mi compiaccio dell’amor vostro, e vi ringrazio della vostra bontà. Per l’avvenire tutte le distinzioni saranno vostre, vi si convengono, le potrete pretendere e le otterrete. Una cosa sola vi chiedo in grazia, e da quella grazia può forse dipendere il buon concetto ch’io deggio formar di voi, e la consolazione d’avervi. Vogliatemi amante, ma non mi vogliate villana. Non fate che i primi segni del vostro amore siano sospetti vili, diffidenze ingiuriose, azioni basse e plebee. Siam sul momento di dover partire. Volete voi che si scacci villanamente, che si rendano altrui palesi i vostri sospetti, e che ci rendiamo ridicoli in faccia al mondo? Lasciate correre per questa volta. Credetemi, e non mi offendete. Conoscerò da ciò, se mi amate. Se vi preme il cuore, o la mano. La mano è pronta, se la volete. Ma il cuore meritatelo, se desiderate di conseguirlo.

Filippo. Ah! che dite? (a Fulgenzio)

Fulgenzio. (Io non la prenderei, se avesse centomila scudi di dote) (piano a Filippo)

Filippo. (Sciocco!) ( sè)

Leonardo. Non so che dire; vi amo, desidero sopra tutto il cuor vostro. Mi avete dette delle ragioni che mi convincono. Non voglio esservi ingrato. Servitevi, come vi pare, ed abbiate pietà di me.

Fulgenzio. (Uh il baccellone!)

Giacinta. (Niente m’importa che venga meco Guglielmo. Basta che non mi contraddica Leonardo).