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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XVIII.djvu/146

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136 ATTO PRIMO

Costanza. Donde traete mai un tal dubbio?

Filiberto. Perchè se amaste mia figlia con tutto il cuore, non vi resterebbe cuore per altri.

Costanza. Mi fate ridere. A chi debbo io farne parte?

Filiberto. Furbetta! ci siam capiti.

Costanza. Davvero non vi capisco.

Filiberto. Oh via! ponghiamo la signora modestia da un canto, e favorisca la signora sincerità.

Costanza. (Io non so a che tenda un simile ragionamento).

Filiberto. Ehi dite. Siete voi ora venuta per visitare mia figlia?

Costanza. Sì, signore.

Filiberto. Non signore.

Costanza. E perchè dunque?

Filiberto. Sappiate, madamigella, ch’io sono astrologo; ho uno spirito che mi dice ogni cosa, e mi dice lo spirito in questo punto: madamigella Costanza non è venuta per visitare chi resta, ma per complimentare chi parte.

Costanza. (Io dubito che sia vero che qualche demonio gli parli).

Filiberto. E che no, che non mi saprete rispondere?

Costanza. Vi risponderò francamente, che se fossi anche venuta per usare un’arte di civiltà ad un vostro ospite, non meriterei di essere rimproverata.

Filiberto. Rimproverata? Lodata, applaudita. Gli atti di civiltà non si devono ommettere, molto più poi quando la civiltà è animata da un poco di tenerezza.

Costanza. Voi avete volontà di ridere questa mane.

Filiberto. E voi, mi pare, avreste volontà di piangere; ma e che sì, che io vi rallegro gli spiriti?

Costanza. Davvero?

Filiberto. Sì certo.

Costanza. E come?

Filiberto. Con due parole.

Costanza. E quali sono queste belle parole?