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202 ATTO PRIMO


vono, e usassero le parole e le frasi che userebbono in ragionando, farebbono essi minor fatica, e sarebbero meglio intesi.

Giulia. Così è; verità e chiarezza bastano a formare una buona lettera, e chi non ha l’abilità di piacere, non si affatichi per disgustare. Continuate la lettera che vi ho ordinato. E tu di’ a quel giovane che venga innanzi. (a Lisetta)

Lisetta. Sì, signora. (Almeno la mia padrona è sempre occupata. Poco tempo le resta per divertirsi. È vero che spende molto in lettere, ma s’ella in vece di scriver tanto, si occupasse a giuocare un’ora di giuoco le potrebbe costar più di un anno di posta). (parte)

SCENA III.

Donna Giulia, Fabrizio, poi Orazio.

Giulia. Converrà che mi adoperi con premura per impiegar quest’ uomo. Il Conte mi ha fatto de’ piaceri consimili più di una volta.

Orazio. Umilissimo servidore di V. S. Illustrissima.

Giulia. Siete voi che mi ha recato la lettera del conte de’ Trappani?

Orazio. Per obbedirla.

Giulia. Orazio, non è egli vero?

Orazio. Per obbedirla.

Giulia. Di che paese siete?

Orazio. Romano, per obbedirla.

Giulia. Che fa il conte de’ Trappani?

Orazio. Per obbedirla.

Giulia. Non sapete dir altro, che per obbedirla?

Orazio. Perdoni.

Giulia. In che cosa vorreste voi impiegarvi?

Orazio. Per cameriere.

Giulia. Avete più servito?

Orazio. Per obbedirla.

Giulia. Che cosa sapete fare?