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232 | ATTO SECONDO |
(la sigilla) Chi è di là, ehi! (fa la soprascrilta) Ehi? c’è nessuno? Ma stolido ch’io sono! Chi ci ha da essere, se ho licenziata tutta la servitù? Ci dovrebbe essere almeno la cameriera. Ehi!
Lisetta.
SCENA IX.
Lisetta e detto.
Lisetta. (In mantiglia) Signore.
Properzio. Dov’è la padrona?
Lisetta. Si è serrata nel suo gabinetto.
Properzio. Valle a dire che la lettera è chiusa, e che con suo comodo venga qui, che le ho da parlare.
Lisetta. Perdoni, io non ci posso più andare.
Properzio. E perchè?
Lisetta. Perchè la padrona mi ha licenziato dal suo servizio.
Properzio. Ti ha licenziato?
Lisetta. Sì, signore, ed eccomi in mantiglione per andarmene per i fatti miei.
Properzio. Ma per qual ragione ti ha licenziato?
Lisetta. Io non la so, non me la vuol dire: vuole ch’io parta subito, e che più non le comparisca dinanzi.
Properzio. Fermati, vedrò io d’aggiustarla.
Lisetta. Perdoni: ho risoluto d’andarmene, e non ci resterei se mi desse cento zecchini.
Properzio. Dove vai?
Lisetta. A procacciarmi miglior fortuna.
Properzio. No, non voglio che tu te ne vada.
Lisetta. Anzi vo’ partire in questo momento.
Properzio. Resta almeno per qualche giorno.
Lisetta. Anzi vo’ partir subito.
Properzio. Ti pagherò.
Lisetta. Non ho bisogno del suo denaro. (La mia padrona mi ha provveduta bastantemente). (da sè, con allegrezza)
Properzio. Ma chi vuoi che ci dia da pranzo?