Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XVIII.djvu/385

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denza che si legge nella Gazz. priv. di Venezia dell’8 aprile di quell’anno. Ma più che alla commedia non lasciata finire, i fischi erano diretti agli attori, perchè l’avevano data in cambio d’altra nuova, promessa e non eseguita (V. Musatti, La Casa nova di Goldoni fischiata, ne L’Ateneo Veneto Maggio-Giugno 1911). Ed anche a Torino si guadagnò un contrastato successo nel maggio 1828, benchè fosse recitata dalla Comp. Sarda e la parte di Cecilia avesse avuto per interprete nientemeno della Marchionni; ma conviene aggiungere che venne recitata in italiano, e che il traduttore, o traditore, si permise di spartirla in cinque atti in cambio di tre, di correggere alcune scene, di troncar in più luoghi un dialogo naturale, far insomma più male che bene (Gazz. di Venezia 28 maggio 1828, dai giornali di Torino). Nè molto felice ci risulta la versione, pure in lingua italiana, fatta nel 1877 da Giacomo Landozzi, istruttore dell’accademia dei Filodrammatici di Milano (V. in Florilegio dramm. fasc. 613). Se la memoria non c’inganna, è sentenza di Aristotele che le parole sono le note delle passioni dell’anima; e questa verità mai l’abbiamo sentita e la sentiamo quanto ascoltando o leggendo le commedie popolari di Goldoni in dialetto, nel quale lo scrittore è insuperabile. Ora che Dio vi benedica, come pretendereste che per poco volgiate quelle parole messe in bocca a’ suoi personaggi, le si conservassero egualmente pronte, animate, d’una efficacia cui non si resiste? Singolare altrettanto a notarsi è altresi l’imitazione che della Casa nova fece uno dei maggiori commediografi francesi del tempo nostro, il Sardou, colla sua Maison neuve, in 5 atti, rappresentata per la prima volta a Parigi al teatro del Vaudeville il 4 dicembre 1866. «I due scrittori a un secolo di distanza si sono scontrati nei medesimi tipi», scrive il Capuana (Il Teatro italiano contemporaneo, pag. 276 e segg.). «Cristofolo è diventato Genevoix; Anzoletto è diventato René; Cecilia si è mutata in Claire; il conte, cavalier servente, in de Marville; Fabrizio parassita in Pontarmé». Più diverse appariscono le donne, cioè oltre alla Cecilia, Meneghina raffrontata alla Gabrielle, Checca a Théodosie, e la serva Lucietta ad Adeline. la cameriera parigina perfezionata. Ma conveniamo col Masi (op. cit.) «per rivestire e ricolorire alla moderna il vecchio scheletro della commedia goldoniana, Sardou l’ha talmente rialzato di tono, talmente esagerato di linee e di contorni, che ogni veritè è scomparsa, e se non si può a meno d’ammirare quella vena inesauribile d’umorismo... quella ricchezza di partiti e di espedienti teatrali, bisogna dire però che quei personaggi, i quali, compresi i servitori, sono quasi tutti simboli e caricature del tempo, quelle situazioni talmente forzate... che una sedia fuor di posto basterebbe a mandarle a male, sono di un’arte raffinata bensì, ma che manca di serenità, di sicurezza e di sincerità, qualità queste possedute invece dal Goldoni in sommo grado, e promettenti anche alla sua Casa nova quella freschezza di immortale giovinezza, di cui non può lusingarsi Maison neuve del Sardou, già fuor di moda infatti in poco più di trent’anni e quasi dimenticata».

Ricordiamo invece lo stato civile della Casa nova anche limitatamente ai teatri veneziani che non possiamo nemmeno garantire completo; vedrete la promessa di cui scriveva il Masi, bell’e mantenuta fino ai giorni nostri.

Nell’11 dic. 1760, già lo dicemmo, la commedia andò in scena al san Luca, e «il concorso fu sì grande che venne replicata assai volte, e si pagarono a caro prezzo li Palchi» (Cod. Gradenigo 67, già cit.).