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persona amata: esclusivismo forse più da innamorati che da sposi; ma Augustin ed Elenetta sono così ragazzi! [A Riccardo Schmidbauer questa coppia parve soltanto «una imitazione di quella delli Innamorati» con «più deboli colori»: Das Komische bei G., Monaco, 1906, p. 161]. «E anche in Sior Lazzaro il carattere non è dato dalla esagerazione di una virtù? Anch’egli vuol troppo bene a sua moglie... In fondo è commovente questo buon uomo... La meno meritevole di scuse sarebbe Madame Gatteau, con le sue pretese di giovinetta.. Ma non esageriamo; essa non è che una vittima dello stato vedovile, e non deve essere poi vecchia quanto Domenica in un momento di gelosia vuol farci credere. Mettiamo che sia la donna di quarant’anni. E poi ha un’attenuante: è francese; e per il Goldoni, specialmente prima che conoscere Parigi, il francese era sempre un tipo venerello e caricato». Gli altri personaggi non hanno nessuna tara: tutta brava gente, con la testa al posto, e con tanto di cuore»; ma non presentano «nessuna nota comica speciale». - Il Caprin si domanda inoltre se nei personaggi della commedia si adombrino membri determinati della famiglia teatrale del S. Luca, ma il riconoscimento individuale non è possibile». Forse in Sior Zamaria «ritroviamo il nobiluomo Vendramin», ma solo «quale padrone della fabbrica di drappi»; e la recamadora francese «si potrebbe supporre simboleggiasse la preparazione che il Goldoni andava facendo sulla lingua e sui costumi di Francia».

Il Caprin prende pure occasione dalla commedia per ricercare quali fossero le ragioni che spingevano il creatore dei Rusteghi lontano da Venezia; e racconta un’altra volta l’origine del viaggio in Francia. Riassumo qui brevemente. «Una delle ragioni» per cui il commediografo «non più giovane si decideva a lasciar la patria, era proprio una ragione finanziaria» cioè la speranza del guadagno. Si aggiungeva «un ragionevole desiderio di gloria, un lodevole bisogno di rinnovamento artistico» ( «No solamente i danari, ma anca un pochetto de onor» dice Anzoletto, II, 3) e «c’è del vero anche nel capriccio», nell’antico «spirito di onesto e curioso avventuriere». L’«aspra e testarda» guerra dei Granelleschi e di Carlo Gozzi gli aveva pur lasciato «qualche cicatrice dolorosa «(Anzoletto vi allude appena nella scena penultima: «Se le xe critiche, sior sì; se le xe satire, sior no»). Infine «una scontentezza imprecisa ma molesta, il ricordo di una infinità di altre piccole noie», come gli «attriti quotidiani con i comici del San Luca» e la durezza di S. E. Vendramin. Ma sulla scena «questo non si poteva dire». - Così egregiamente il Caprin.

Di partire, di cercare miglior fortuna oltre l’Alpi, come lo Zeno, come il Metastasio, come l’Algarotti, come cento e cento altri, pittori, maestri di musica, attori, cantanti, poeti e letterati, era anche abitudine e moda nel Settecento. Da Venezia nel giugno del 1760, ricorda il Gradenigo nei suoi Notatorj, era «sul punto di trasportarsi a Peterburgo» Andrea Urbani, «pittore da ornati, et inventioni», quasi quasi come il finto Anzoletto; e nell’agosto G. B. Fontebasso, più famoso «pittore di Storie» (ivi). E sui 20 di marzo del ’62, qualche settimana prima di Goldoni, stava per partire per la Spagna «col signor Giovanni Domenico suo Figlio» G. B. Tiepolo (Nuovo Gazz. Ven., n. 3). Si compiva l’eterno esodo dell’arte italiana (v. G. Ortolani, Divagazioni goldoniane, in Adriatico 21 ott. 1907). Più ancora che gli applausi