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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1915, XX.djvu/306

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294 ATTO SECONDO

Camilla. Non lo sapete? Non è bel quel che è bello, ma quel che piace.

Scapino. Ma cosa vi piace in colui?

Camilla. Tutto.

Scapino. E in me non vi piace niente?

Camilla. Niente.

Scapino. Mi appiccherei dalla rabbia.

SCENA II.

Arlecchino e detti

Arlecchino. (Eccola qua, sempre la trovo in compagnia de Scapin). Oh oh, coss’è sto bel apparato?

Camilla. Niente, caro Arlecchino, egli è per sentire un’arietta della signora Angelica.

Arlecchino. E per chi ha da servir tutte ste careghe?

Camilla. Per alcuni amici del signor Pantalone.

Arlecchino. Ela questa la casa del sior Pantalon? Estu ti la cameriera de sior Pantalon?

Scapino. (Che superbia! quando un uomo ha un poco di bene, si scorda subito quel che era una volta),

Camilla. Si tratta di usare una compiacenza...

Arlecchino. Mi no voggio che ti usi ste compiacenze. Anemo, via ste careghe, porta via sta spinetta.

Scappino. (Il villano!)

Camilla. Ma io non voglio fare una trista figura. Si aspettano dei galantuomini, ho promesso al signor Pantalone.

Arlecchino. E ti ha avudo l’ardir de prometter senza dirmelo a mi?

Scapino. (È molto gentile lo sposo che avete scelto!) (piano a Camilla.

Arlecchino. Coss’è? Cossa te diselo? Coss’è sto parlar a pian?

Camilla. Ma voi siete sospettoso, inquieto, rabbioso.

Arlecchino. Son quel che son, e la intendo a mio modo, e chi no me vol, bon viazo.