Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1915, XX.djvu/308

Da Wikisource.
296 ATTO SECONDO

Camilla. No, fermati.

Arlecchino. Via de qua, indegna sfazzada. (parte)

SCENA III.

Camilla e Scapino.

Camilla. (Pazienza. Mi porta via il cuore, ma son sicura che tornerà).

Scapino. Povera signora Camilla, mi dispiace infinitamente.

Camilla. E di che vi dispiace?

Scapino. Che abbiate perduto un amante così gentile, uno sposo così compiacente.

Camilla. Perduto? E come l’ho io perduto? Per un poco di sdegno credete voi ch’egli mi abbandoni? Anzi quando si ama davvero, è necessario qualche volta di corrucciarsi un poco. Non si conosce il piacere perfettamente, senza il confronto del dispiacere. La collera forma il chiaroscuro all’amore, e dopo la guerra, è più dolce e più soave la pace.

Scapino. Siete dunque disposta a volerlo amare?

Camilla. Costantemente.

Scapino. Con tutte le malegrazie ch’egli vi usa?

Camilla. Sì, perchè ha poi delle buone grazie, che mi piacciono infinitamente.

Scapino. Siete ben ostinata.

Camilla. La mia non è ostinazione, è costanza.

Scapino. Ma! così va il mondo, è tanto difficile trovarè una donna costante, e ha da toccar la fortuna ad un villano che non la merita. (parte)

SCENA IV.

Camilla sola.

Tutti mi dicono che Arlecchino non merita, ed a me pare che nessuno meriti più di lui: ciò sarà perchè egli è il mio primo