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314 L'AMORE PATERNO

Florindo. Volete voi ch’io vi dica, come ci siete venuto?

Arlecchino. La me farà grazia de dirmelo, perchè mi no lo so.

Florindo. Fate attenzione all’imagine, e ditemi se vi è della fantasia, (a Petronio) Avete mai veduto la commedia rappresentata da’ burattini? (ad Arlecchino)

Arlecchino. Sior sì, l’ho vista; e cossa gh’intrio mi con i burattini?

Florindo. I burattini sono regolati da un ferro, confìtto loro nel capo, e da alcuni fili attaccati alle loro mani ed ai loro piedi. Non si muovono che per via de’ fili, non camminano che coll’aiuto de’ fili, non vanno di loco in loco che col mezzo del ferro che li conduce, e non parlano che colla voce di colui che li fa giocare. Eccoci al caso nostro. Voi siete il burattino. Amore è colui che vi giuoca. La passione è il ferro che vi conduce, non vi movete che coi fili del desiderio, e spinto dall’affetto, e tirato dalla bellezza, siete fin qui venuto senza saper di venirci. Eh! che vi pare della novità del pensiere? (a Petronio, pavoneggiandosi)

Petronio. Maravigliosa.

Arlecchino. Come? a mi burattin? Dirme a mi che son una testa de legno? Sangue de mi! cammino colle mie gambe, e penso colla mia testa, e no ghe ne voi più saver de Camilla. E anderò via, e no ghe tornerò più. (E pur gh’è un filo che me move, e un ferro che me vorria trattegnir).

Celio. Ma via, caro Arlecchino, acchetatevi. Vediamo se vi è il modo di accomodare questa faccenda.

Arlecchino. No gh’è caso, l’è impussibile, no l’accomoderemo mai più.

Silvio. Siete voi ragionevole?

Arlecchino. Me par de sì.

Silvio. Fate che la ragione vi guidi.

Arlecchino. No gh’è remedio.

Florindo. Signor Pretonio, persuadetelo voi.

Petronio. Lo persuaderò io.

Arlecchino. Xe impussibile.