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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1915, XX.djvu/460

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448 ATTO TERZO

Giannina. Oh, è meglio che vada via. Ho paura che diventi matto. (va pian pian verso la casa)

Evaristo. Ma come! la passione mi opprime il core; mi manca il respiro. Non mi regge il piede; mi si abbagliano gli occhi. Misero me! chi m’aiuta? (si lascia cadere su una sedia del caffè, e si abbandona affatto.)

Giannina. (Voltandosi lo vede cadere) Cos’è? cose? More, povero diavolo! More, aiuto, gente, ehi Moracchio. Ehi dal caffè.

SCENA VIII.

Limoncino dal caffè, con le due tazze di caffè per andare all’osteria; Moracchio dalla casa accorre in aiuto di Evaristo; Crespino, Timoteo e detti, poi il Conte.

Crespino. (Di strada) Oh, eccolo qui il signor Evaristo. Cos’è stato?

Giannina. Dell’acqua, dell’acqua. (a Limoncino)

Crespino. Del vino, del vino. (corre in bottega)

Limoncino. Dategli del vino. Io porterò il caffè all’osteria, (parte)

Moracchio. Animo, animo, signor Evaristo. Alla caccia, alla caccia.

Giannina. Sì, altro che caccia! È innamorato. Ecco tutto il suo male.

Timoteo. (Dalla speziaria) Cosa c’è?

Moracchio. Venga qui, venga qui, signor Timoteo.

Giannina. Venga a soccorrere questo povero galantuomo.

Timoteo. Che male ha?

Giannina. È in accidente.

Timoteo. Bisogna cavargli sangue.

Moracchio. È capace vossignoria?

Timoteo. In caso di bisogno, si fa di tutto. (va alla speziaria)

Giannina. (Oh povero signor Evaristo, lo stroppia assolutamente).

Crespino. (Dalla bottega, con un fiasco di vino) Ecco, ecco, questo lo farà rinvenire, è vino vecchio di cinque anni.

Giannina. Pare che rinvenga un poco.

Crespino. Oh, questo fa risuscitare i morti.

Moracchio. Animo animo, si dia coraggio.