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per concorso tra sole undici scelte, perchè la ritenne «tipica veramente» per le vicende della carriera artistica del Goldoni in Francia. A noi sembrano per questa ragione veramente tipiche e tali che senza il soggiorno in Francia non le avremmo avute, prima di ogni altra, il Ventaglio e il Burbero. Il Masi, già editore delle bellissime lettere goldoniane all’Albergati, avverte il parallelismo tra molti passi del carteggio e la copia di notizie su Parigi che con discutibile diletto del pubblico il Goldoni volle introdurre nella sua commedia. «Il Goldoni precorre le Guide e i Baedeker d’oggidì» osserva egli (vedi pp. 480, 506-509). La novità, secondo il Dejob, ebbe imitatore il Picard (Les femmes dans la comédie, ecc. Paris, 1899, p. 372). In una lettera della Dubocage all’Algarotti vede Arturo Graf confermata la sincerità delle lodi date dal Goldoni alla vita parigina (lett. del 24 marzo 1763). Vi si legge che al Goldoni nella nuova dimora piace tutto «jusqu’au tapage des rues» (L’Anglomania, ecc. 1911, p. 163). Tempra d’una nota simpatica le informazioni baedekeriane qualche nostalgico accenno alla lontana Venezia e all’Italia. Quei «benedetti nostri zecchini» tanto più redditizi colà che a Parigi, la sempre «benedetta gondola di Venezia» che «con quaranta soldi di Francia serve dalla mattina alla sera», i «quattro risi alla Veneziana», l’augurio che «giungano alle orecchie dell’autore lontano le liete voci de’ suoi amorosi concittadini» provano quanto sinceri fossero i famosi versi Da Venezia lontan do mile mia... E Anselmo sospira «oh, Italia, Italia! quando avrò il piacere di rivederti?» E Filippo assicura «che il nostro paese non ha niente ad invidiare a qualunque altra parte del mondo». Di fronte all’esuberante nazionalismo francese si destava nel Nostro l’orgoglio della sua italianità.

Altri giudizi di studiosi sono decisamente benevoli a questo Matrimonio per concorso. Il Carrer, forse per non conoscer la commedia, accetta a occhi chiusi la lode dell’Andres (Origine e progresso ecc., vol. VI, p. 53), il quale la comprende tra le migliori, accanto al Burbero e al Curioso accidente, nientemeno (Notizie sulla comm. ital. ecc. Venezia, 1825, p. III, pp. 108, 109). Nè minor stima sembra farne Francesco Righetti in queste sue parole: «quivi [a Parigi], a confusione de’ suoi nemici, ad onore eterno del nome italiano, scrisse il Burbero benefico, il Curioso accidente (sic), il Matrimonio per concorso, l’Avaro fastoso» (Studi sull’arte drammatica, Torino, 1834, vol. I, p. 173). E il Ventaglio? Quasi lo stesso pensiero ha il Meneghezzi. «Nella pacifica, agiata e libera condizione, in cui trovavasi» a Parigi, gli vennero fatte le commedie più vicine alla perfezione: tra queste «quel vivacissimo Matrimonio per concorso» (Della vita e delle opere di C. G., p. 133). Anche Carlo Borghi la mette tra le buone (v. Modena a Carlo Goldoni, p. 105).

Meglio che a rapidi accenni, non sempre fondati sopra un serio esame della commedia, daremo peso a quanto ne scrivono il Dejob, il Rabany, il Taylor. Il primo, ricordato il doppio quiproquò dei Jeux de l’amour et du hasard del Marivaux, riassume la tela del Matrimonio per concorso e conclude: «Aucun de nos auters contemporains les plus célèbres dans l’art d’accumuler les quiproquos, n’à éte plus inventif en ce genre et, on le voit, une équivoque initiale très simple produit ici toutes les autres. De plus, Goldoni, tout en préparant l’explication finale, sait la dérober jusqu’à la fin, même quand il parait se mettre dans la nécessité de la fournir; par exemple à la