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LA GELOSIA DI LINDORO 165

SCENA VIII.

Camera in casa di Barbara, colla spinetta.

Tognina sola.

(Accomoda la spinetta, le carte di musica, le sedie) In verità sono ormai annoiata di dover far io sola tutte le faccende di casa. La padrona mi va sempre dicendo che prenderà un servitore, e in quindici giorni che sono qui, non l’ha ancora preso. Ho paura che le cose sue non vadano troppo bene. Dice ch’è nata bene, che fa il mestiere per necessità, ma la necessità combatte colla miseria. Sarebbe meglio per lei che si maritasse. Se questo signor don Flaminio dicesse davvero, sarebbe una fortuna per lei. Ma è venuto a posta dalla campagna, è venuto segretamente. Sono nel giardino che parlano seriosamente, tutto questo mi par buon segno, e mi dà buona speranza. Avrei piacer che si maritasse. È una buona giovane, una buona padrona; in quel caso, avrebbe in casa dell’altra gente, ed io la servirei col maggior piacere del mondo.

SCENA IX.

Don Filiberto e detta.

Filiberto. Si può venire?

Tognina. Venga, venga.

Filiberto. Vi riverisco, quella giovane.

Tognina. Serva sua. Che cosa comanda?

Filiberto. Sta qui la signora Barbara?

Tognina. Sì signore.

Filiberto. È in casa?

Tognina. Sì signore; è in casa, ma presentemente è impedita. Se ha qualche cosa da dirvi...

Filiberto. Non si potrebbe riverirla un momento? In due parole mi spiccio, e la lascio in tutta la sua libertà.