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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/44

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36 ATTO SECONDO

SCENA II.

Anselmo ed il suddetto.

Anselmo. (Oh! eccolo qui). (da sè) Cerca, chiama; ti ho poi ritrovato.

Cablotto. Ed io andava in traccia di vossignoria. Ebbene, signore, com’è andata la faccenda? L’avete avuto il ritratto?

Anselmo. Mi verrebbe voglia... Mi verrebbero di quelle voglie... (freme)

Cablotto. Avete ragione di essere in collera contro vostra figlia; e contro quell’imprudente del signor Roberto.

Anselmo. Del signor Roberto? (fremendo)

Cablotto. Certo; le povere figlie sono anche compatibili, ma il signor Roberto...

Anselmo. Il signor Roberto!

Cablotto. Egli merita di essere rimproverato e mandato via sul momento.

Anselmo. Il signor Roberto ha dato il suo ritratto a mia figlia! (a Carlotta, fremendo e dissimulando)

Cablotto. È un’azione indegna.

Anselmo. Dorotea aveva il ritratto del signor Roberto! (come sopra)

Cablotto. E merita anch’ella di esser corretta.

Anselmo. E Carlotto, servitor fedele, me n’ha avvertito! (come sopra; e va tirando fuori, ed aprendo il ritratto)

Cablotto. Ho fatto il mio debito, e niente più.

Anselmo. Giuro a Bacco Baccone. (caccia davanti agli occhi di Carlotto il ritratto di Arlecchino)

Cablotto. Questo è il ritratto di Arlecchino. (lo prende)

Anselmo. Sciocco, ignorante... Ma che dico io? Impostore, bugiardo: è il ritratto del signor Roberto?

Cablotto. Ma il ritratto del signor Roberto...

Anselmo. Ma il malan che ti colga.

Cablotto. Chi l’aveva questo ritratto?

Anselmo. Chi l’aveva? Dorotea l’aveva.

Cablotto. Ma io ho veduto... (mortificato)