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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/46

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38 ATTO SECONDO

Carlotto. Sento che la vostra partenza è vicina, e sono venuto per augurarvi il buon viaggio...

Arlecchino. A caso averessi visto un ritratto su sto taolin?

Carlotto. Su quel tavolino? vi assicuro che su quel tavolino non ho veduto niente.

Arlecchino. Caro sior Carlotto... caro sior Carlotto, vu se un galantomo... Se lo fe per farme una burla...

Carlotto. Vi dico sull’onor mio che non ho preso niente, e che su quella tavola non vi era niente.

Arlecchino. Quando son vegnù in sta camera, ho visto mi co sti occhi che gh’avevi in man un ritratto. E me maraveggio de vu, e no se tol la roba dei altri. (con calore)

Carlotto. Vi dico ch’io non ho preso niente. Ecco qui un ritratto, è vero; ma son galantuomo, mi è stato dato, ed io non l’ho preso; e s’è roba vostra, eccolo qui, tenetelo, ch’io non so cosa fare nè di lui, nè di voi. (gli dà il ritratto, e parte)

SCENA V.

Arlecchino solo.

(Prende il ritratto, e se lo mette in tasca senza guardarlo) Che impertinenza! Sior sì, el giera là, el l’ha tolto, e el1 voleva negar. Manco mal che son arriva a tempo, e che l’ho trovà sul fatto. Orsù, bisogna far i bauli e destrigarse. Pazenzia! anderò via. Andar via, lassar Camilla senza dirghe gnente; e forse senza vederla gnanca! Ah! sì, sarave meggio che no la vedesse. (porta la roba nel fondo per metterla nel baule)

SCENA VI.

Camilla ed il suddetto.

Camilla. (Non vedendo Arlecchino ch’è occupato a fare il baule) Se vedessi il signor Roberto, vorrei persuaderlo a riprendere il suo ritratto, prima che nascano nuovi scandali e nuovi ru-

  1. Pasquali e Zatta: e ’l.