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156 ATTO QUINTO
Che te ne par? Vagliono questi un regno?

Vanne, eroe sconsigliato; ostenta a fronte
Della morte imminente il tuo coraggio.
Alerico. Stupirai nel veder con qual fortezza
Vadasi incontro a morte. Anima vile,
Tu non comprendi della gloria il pregio:
Questo vale assai più di regno e vita,
E per essa darei ben mille volte
La medesima vita e mille regni.
Germondo. Va, consolati dunque. Un raro esempio
Lasciar potrai alle future etadi.
Quanto mai parleran di tua fortezza
Le genti ammiratrici! In quante guise
Sì bella storia esponeran le scene?
Vedrassi un re che per non dar la figlia
In consorte all’amico, i suoi vassalli
All’eccidio comun barbaro espose.
Vedrassi un padre domandar vendetta
Per un figlio ch’in guerra estinto giacque.
Un ingrato vedrassi oltraggi ed onte
Render a chi gli offrio la vita e il regno.
Sì, sì, vedrassi un forsennato acceso
Di vana ambizion, morir contento
Per il folle desio di morir forte.
Ma non sperar ch’il popolo si desti
A pietà del tuo fato. Ira piuttosto
Avran contro di te; diranti stolto
Gli spettatori della tua tragedia.
Alerico. Audace, attendi pria ch’il giusto cielo
Faccia le mie vendette, indi potrai
Figurarti tragedie assai più orrende.
Germondo. S’incominci la tua. Ministri, a voi
La vittima consegno. Il giusto colpo
Cada sovra il suo capo... (Ah che mi sento
L’alma ancora a turbar!) Muoia Alerico!