Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/225

Da Wikisource.

LA GRISELDA 223
E tu sappi, o crudel, che speri invano

Amorosa mercè, chè ai preghi altrui
Sì vilmente non sa ceder Griselda.
Ah che nel seno per Gualtier mio sposo
Serbo, benchè sprezzata, il cuore istesso.
Ottone. Oh superba inaudita! O a me di sposa
Dia la fede Griselda, o mora il figlio,
E qui sugli occhi tuoi. Se un vil soldato,
E una debile man pur cesse il ferro,
Lo svenerò col mio.
(impugna la spada, e prende con l’altra mano Everardo
Griselda.   Ah traditore!
E questi son d’alma ben nata i vanti?
Dove tanta empietà, crudo, apprendesti?
Che ti fece il meschin? Deh per pietade,
Rendimi il figlio mio.
Ottone.   Render nol voglio
Che cadavere esangue.
Griselda.   Ah Ottone! Ah figlio!
Ahi sentenza crudel! Che fo? Che penso?
Sarò infida a Gualtiero? Ah, che non deggio.
Sarò inumana al figlio? Ah, che non posso.
Veggo egualmente in un fatal periglio
L’amor mio, la mia fè. Deh per pietade,
Rendimi il figlio mio.
Ottone.   Prendi la destra,
E seco il figlio tuo.
Griselda.   Destra spietata,
Che orror mi desta, e ritrosia nel seno.
Ottone. Mira, Griselda, mira, oh quant’è vago
Il tuo caro Everardo! Ei fu tua gioia,
E tu morto lo brami? Osserva quanto
Più di te son pietoso; io ti concedo,
Che pria del suo morir, dal suo bel labbro
Prendi, madre crudel, gl’ultimi baci. (lo porge a Griselda