Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/23

Da Wikisource.

BELISARIO 21
Belisario. Dirò come fur vinti i tuoi nemici,

Non già dal mio valor, ma dall’usato
De’ tuoi prodi guerrier coraggio invitto.
Qual foco ardessse nella Persia, e quale
Fosse d’Asia nemica il fier orgoglio,
Tu ben lo sai. Vedeansi in ogni parte
Per l’aura ventilar nemiche insegne;
E colli, e prati, e larghe strade, e anguste
Ripien’eran d’armati. Arditi andammo.
E siccome il torrente ovunque passa
Gli arbori svelle, e gli argini non teme,
L’esercito così dell’armi nostre
E quinci e quindi discorrea fremendo,
E gli armati nemici e le lor torri,
E le macchine loro, e i suoi ripari
Disperdendo, atterrando e distruggendo,
Facea stragi inaudite, e ad ogni passo
Un cimento incontrava e una vittoria.
Finalmente giungemmo in faccia all’alta
Tauris superba, ultima speme ai Persi,
’Ve tutte unite e ricovrate aveano
Poche rimaste lor ultime insegne.
Parea che ad atterrarla in van s’andasse;
Ma non andossi in van, chè in vano mai
Pugnan di Giustinian l’armi vittrici.
Tosto corremmo ad assalir le mura:
E con macchine e scale, arieti e ferri,
Battute con valor caddero al fine.
Io ridir non potrei quanti l’irato
Popolo sovra noi crudeli colpi
Scagliò di morte. I fidi tuoi cadevano
Dalli sassi, dal ferro oppressi, uccisi.
Superate le mura, entrammo arditi,
E col ferro alla mano in ogni parte
Femmo rivi di sangue. Alzar le grida