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BELISARIO 23
Che rispetto lo vuol; ma piaccia ai numi,

Che cangiata ella sia, nè più la fiamma
Che l’ardeva per me, riserbi in petto!
Teodora. Al grande, al forte, al più sublime eroe
Che venerasse mai Bisanzio e Roma,
Giusto è ben che Teodora ancor tributi
E gli omaggi dovuti e i giusti applausi.
E giusto è poi che al più vezzoso e vago
Nume di questa terra una regnante
Donna consagri del suo cor gli affetti.
Belisario. Teodora, il tuo favor tropp’alto sale,
Nè degli applausi tuoi degno son io.
Tutto ciò che in me vedi, è solo dono
Della fortuna. Agli altri detti tuoi
Abbastanza risponde il mio silenzio.
Teodora. Oh! sempre, e quando parli, e quando taci,
Amabile e gentil! Se il suo tacere
Rispetto è forse, dal tuo sen discaccia
L’importuno timore. Apprender puoi
Libero a favellar da me, che pure
Men di te lo dovrei. Ma quell’ardore,
Che non mi cape in seno, omai trabocca
Libero or per le labbra, ora per gli occhi.
Parla, ch’io tel concedo, e i pensier tuoi
Non mi celar.
Belisario.   Poichè parlar m’imponi,
Dirò che d’un amor cotanto ingiusto
Tent’in van Belisario. Amo la gloria
Del tuo, del mio signor; per lui la vita
Più volt’esposi, e il sangue mio versai;
Pensa tu, se tradirlo ora potrei.
So che meco tu scherzi, oppur fai prova
Della mia fede; al cielo e al mondo è nota,
Nè bisogno di prove ha la mia fede.
Teodora. L’ingiuria a Giustinian scorno non reca,