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L’AUTORE

A CHI LEGGE1.

U

N secolo ora sarà per l’appunto, che uscì dalla Spagna il Convitato di Pietra, Commedia fortunatissima di Don Pedro Calderon della Barca2, la quale piena zeppa d’improprietà, d’inconvenienze com’era, e come vedesi tuttavia da alcuni Comici Italiani rappresentare, fu in Italiano tradotta da Giacinto Andrea Cicognini Fiorentino, ed anche da Onofrio Giliberto Napoletano, pochissima differenza essendovi fra queste due traduzioni. Non si è veduto mai sulle Scene una continuazione d’applauso popolare per tanti anni ad una scenica Rappresentazione, come a questa, lo che faceva gli stessi Comici maravigliare, a segno che alcuni di essi, o per semplicità, o per impostura, solevano dire, che un patto tacito col Demonio manteneva il concorso a codesta sciocca Commedia. In fatti che mai di peggio poteasi vedere rappresentare, e qual altra composizione meritava d’esser più di questa negletta? Un uomo s’introduce di notte negli appartamenti del Re di Napoli, vien ricevuto da una donzella nobile al bujo, l’accoglie questa d’un altro in vece fra le sue braccia, e dell’inganno solamente s’avvede allora quando le vuol fuggire di mano. Alle querule voci d’una sì onesta Dama comparisce il Re di Napoli col suo candelier nelle mani; Don Giovanni colla spada gli spegne il lume, e resta sua Maestà all’oscuro. Scoperto, il Cavalier Dissoluto parte per Castiglia; una burrasca lo getta in mare, e la fortuna lo fa balzare sul lido, colla parrucca incipriata, e senza essergli nemmen bagnate le scarpe. Non parlo del servidore compagno del suo naufragio e della sua fortuna, con cui fa cambio graziosamente d’improperj, di villanie e di calci, ma è ben cosa mirabile la velocità, con cui fa passare l’Eroe da un Regno

  1. La presente prefazione uscì la prima volta nel tomo VII (1754) dell’ed. Paperini di Firenze.
  2. Vedasi più avanti la Nota Storica.