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DON GIOVANNI TENORIO 297

SCENA VI.

Don Giovanni in abito rustico, Elisa, e Carino in disparte.

D. Giovanni.   Ninfa cortese,

Son grato al vostro amor.
Elisa.   Perchè non darmi
Il bel nome di sposa?
Carino.   (Ahimè, che sento?)
D. Giovanni. Tale ancor non mi siete.
Elisa.   E che vi resta
Il nodo a stabilir?
D. Giovanni.   Ciò che conviene
Al grado mio. Le cerimonie usate,
Il rito, e tutte le nuziali pompe.
Elisa. Andiam dunque a compir cotesti riti!
Carino. (Oh scellerata!)
D. Giovanni.   Sì, ma non conviene
Ch’ora meco venghiate. Io deggio prima
Tutto dispor. Fra pochi giorni, o cara,
Vi attendo alla città.
Elisa.   Come? Ingannarmi
Pretendete voi forse?
D. Giovanni.   Il van timore
Discacciate dal seno. Io non potrei
Esservi disleal, quando il volessi:
Giurai, tanto vi basti.
Elisa.   E i numi stessi
Vi puniran, se me tradir pensate.
Carino. (Te puniran, che traditrice or sei).
D. Giovanni. (Allettarla convien per non soffrire
Il noioso clamor di sue querele).
Cara, ti lascio il cuor. Col pianto agli occhi
Mi divido da te; ma porto meco
Dell’amor tuo, della mia fede il pegno.
Elisa, addio.