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DON GIOVANNI TENORIO 313
D. Giovanni. Pochi momenti son, ch’io posi il piede

Nella regia città.
Commend.   Qui giunto appena,
V’esponete a’ cimenti?
D. Isabella.   OMai soverchio
Rispettai, cavaliero, il vostro aspetto, (al Commend.
Non impedite il proseguir la pugna.
Commend. Sospendete per poco il vostro sdegno.
Piacciavi almen che la cagion io sappia
Dell’ire vostre.
D. Isabella.   A voi saper non giova
Ciò che al mio labbro pubblicar non lice.
Don Giovanni mi offese; ed io col ferro
Chiedo ragion del ricevuto oltraggio.
D. Giovanni. Strano caso udirete. Agli occhi miei
Sconosciuto è quel volto. Ei vuol vendetta,
Nè so di che. Uomo talor si dice,
E di donna talora ostenta il sesso.
Nulla promisi, e mancator m’appella.
D. Isabella. Sì, che sei mancatore...
D. Giovanni.   Ah più non soffro...
Commend. Un momento vi chiedo. Se fia vero (a donna Isabella
Che v’abbia offeso don Giovanni, io stesso
Giustizia a voi farò. Tradir non soglio
La ragione, il dover per l’amistade.
Svelate in che mancò.
D. Isabella.   L’offesa è tale,
Che celarla conviene al mio decoro.
Commend. Pubblica non sarà, quand’io la sappia.
D. Isabella. Ma che voi la sappiate io non consento.
Commend. Diffidate di me?
D. Giovanni.   Non sa produrre
Dello sdegno ragion. Privo di senno
Lo trasporta il furor.
Commend.   Deh non vogliate