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DON GIOVANNI TENORIO 333

SCENA VIII.

Il Duca Ottavio e detti.

Ottavio.   Invan, signore,

Di don Giovanni sperasi l’arresto.
Donn’Anna. L’empio fuggì?
Ottavio.   No, ma ricovro prese
Nell’atrio immune, ove del Re la legge
Non permette violar le sacre mura.
D. Alfonso. Si raddoppin le guardie all’atrio intorno,
Sicchè fuggire il traditor non possa.
Sappia il Re il suo delitto, e voi, donn’Anna,
Cessate ormai di lacrimar. Pensate
Del padre vostro all’onorate imprese,
E vi sia la virtù conforto e guida.
(parte col duca Ottavio

SCENA XI.

Donn’Anna sola.

Facil riesce a chi dolor non sente

Suggerire agli afflitti il darsi pace.
Niuno meglio di me comprender puote
Quant’io perdei nel genitore estinto;
Qual altro amor a quel del padre uguale1
Sperar si può? Misere noi, se in seno
Lo speriamo trovar d’infidi amanti!
Aman essi non noi, ma il lor contento,
E scemando il piacer, scema l’amore.
Pietosi dei, per la grand’alma e bella
Del mio buon genitor, voi difendete
Questo mio cuor dalla comun sventura.


Fine dell’atto Quarto.

  1. Nelle prime edizioni è stampato: che quel del padre uguagli.