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376 ATTO PRIMO

SCENA IV.

Gano e detti.

Gano. Ah! Signor, perchè mai vedervi io deggio

Prima d’ogni altro in sì funesto giorno?
Io, che tanto vi stimo e tanto v’amo,
Malgrado al mio dolor, deggio recarvi
L’annuncio rio. Povero Duce! Oh quanto
Duolmi del caso vostro!
Rinaldo.   Se mi amate,
Più sospeso così non mi tenete,
Ditemi il mio destin.
Gano.   Deh, non s’offenda
Della nostra amicizia il bel candore,
Se del nostro Monarca adempio il cenno.
Carlo vi vuol prigion; vuol che la spada
Ponete in le mie man.
Rinaldo.   Non vi lagnate,
Se ricuso ubbidir cotesto cenno:
A Carlo solo io cederò la spada.
Gano. Forse indegno son io del vostro brando?
Rinaldo. Di me, del sangue mio Gano è signore;
Ma del mio onor non v’è chi possa in terra
Usar arbitrio.
Gano.   Un difensore avrete
In me dell’onor vostro: il regio impero
Eseguite, Rinaldo; indi fidate
Nell’amor mio.
Rinaldo.   Sperai del vostro amore
Più sollecite prove. Un vero amico
Dissuaso averebbe1 il suo Monarca
D’oltraggiar l’innocenza. Ed egli chiede
La spada mia! Dunque son reo! Ma come,
Senza volermi udir, reo mi condanna?

  1. Nel testo: avrebbe.