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450 ATTO QUINTO
A scuotersi tornò: poco costava

Il rintuzzarlo nuovamente. Elesse
Per sì facile impresa il Re pietoso
Duce Rinaldo, e l’inviò al cimento.
Egli v’andò; ma con vergogna nostra
Non sconfisse il nemico. Altro non fece,
Che lentamente i Pirenei calando,
Dargli tempo a raccorsi in miglior sito.
Indi sacrificata inutilmente
De’ Francesi guerrier la miglior parte,
Chiese pace vilmente. E questo è il meno.
Vide Armelinda, figlia del re Moro,
E di lei s’invaghì; la chiese al padre,
Ma niegandola in sposa a chi distante
Era troppo dal trono, egli promise
Vuotar quello di Francia, e colla morte
Del proprio Re facilitarsi il modo
Ai reali imenei. Si diero entrambi
Fede col giuramento, e seco in Francia
Conducendo Armelinda il buon Rinaldo,
Lo stimolo condusse al grave eccesso.
Altri patti fe’ poi col re nemico,
E di Francia gran parte a lui promise.
Tanto a noi penetrò, tanto si seppe
Da chi, forzato a infedeltà, fu poscia
Dell’errore pentito, ed ogni arcano
Pubblicò di Rinaldo. Al gran Consiglio
Esporre non si ponno i testimoni
Di tanta enormità, perchè giurata
Segretezza fu ad essi. Or basti a voi
Che Gano il dica, e che lo giuri. E poi
Se intera fede a me negasse alcuno,
Armelinda il dirà: pronta è la donna,
Che mal consente all’imeneo forzato,
Pronta è tutto a svelar: le trame orrende,