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ENRICO 475
Enrico.   Ma voi pensate

Cose remote ancor. Vive Ruggiero,
E può viver molt’anni.
Matilde.   Sì, ma puote
Forse tosto mancar. Forse a quest’ora
Non vive più. Sapete pur qual morbo
L’opprima, e qual età gl’incurvi il tergo.
L’aer puro campestre invan respira.
È disperato il caso1.
Enrico.   Eppur risento
Pietà di lui.
Matilde.   Tanta pietà non merta
Chi del proprio germano, e padre vostro,
Fe’ infelice il destino. Egli fra ceppi
Perir lo fe’2 per gelosia di regno.
Se regnava Manfredi, il trono avreste
Dal padre, e non dal zio. Potrebbe il padre
Tutto al figlio accordar; ma un re tiranno
Sa il ciel qual legge al successore impone!
Enrico. Imponga sin ch’ei può. Non è soggetto
Ad estinto monarca un re che vive.
Matilde. Oh dio, mio padre!3

SCENA II.

Leonzio dagli appartamenti reali, e detti.

Leonzio.   (Con Matilde Enrico?

Si proveda per tempo al suo periglio). (da sè
Signor, i’ vengo4 apportator di nuove
Meste insieme e gioconde. Il re Ruggiero
Spirò l’ultimo fiato; e qui prendete

  1. Bett.: Sapete pur qual morbo — L’opprime, e qual’età. Sparsa è la voce, — Che nulla l'aere del Colle, e nulla — Da Palermo il ritiro a lui giovasse. — Disperato è il suo caso
  2. Bett.: fello perir.
  3. Bett. “Mat. “Sento gente: Partit.- O Dio! mio Padre! — Enr. Non son più a tempo„.
  4. Bett.: vegno.