Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/500

Da Wikisource.
496 ATTO SECONDO
D’un monticel di verdi piante adorno.

Oh come lieta rimirai sull’alto
Un magnifico trono, un aureo scettro,
Un popolo festoso, un bel concerto
Di giocondi strumenti! Era già presso
Ai gradini del soglio, allor che l’empio
Mio condottier, tutto cangiato in viso,
Strascinommi dal sito ov’io saliva,
E giù per l’altra parte, ove scosceso
Dirompeva quel monte in cupa valle,
Precipitommi il traditor, dicendo:
Va, che indegna tu sei di regal serto.
Mi svegliai lacrimando, e parmi ancora
Rotolar da quel monte, e i sterpi, e i sassi,
E l’effigie dell’empio ho ancor presente.
Enrico. (Il rimprovero intendo). Eh non vi turbi
Questa larva mendace. Aprite gli occhi.
Voi distante così forse non siete
Da quel ben che sognaste...
Leonzio.   Ah Sire, udite:
(lo tira in disparte
Condonate il mio zelo, e non m’ascolti
Altri che voi. Mai si principia, o Sire,
Dalle fievoli cose una grand’opra;
Chiede tutto voi stesso il nuovo regno.
Re non v’ha che non abbia i suoi nemici,
E nel numero ancor de’ suoi vassalli
Conoscerli conviene. Un Re sagace
Li vince con i doni, o col castigo.
Tocca a voi confermar le antiche leggi,
Stabilirne di nuove, e le severe
Moderar con giustizia. I magistrati
Pendon dal vostro cenno; il popol tutto
Curioso attende i primi ordini vostri
Per giudicar di voi. Fate che siano