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540 ATTO QUINTO
Liberate quel passo.

Enrico.   Perdonate,
Se uso con voi l’autorità reale;
Bramo di favellarvi, e perchè temo
V’involiate di nuovo agli occhi miei,
Fo dalle guardie custodire i passi.
Matilde. Che pensate perciò? Le vostre guardie
Non mi fanno spavento. Avrò in difesa
Per salvar l’onor mio valor che basta.
Enrico. Deh che dite, Matilde? Io non pretendo
D’oltraggiar l’onor vostro. A voi far noto
Sol bramo un mio pensier. Se otterrà questo
La vostra approvazion, cangiarsi forse
Vedrem la nostra sorte. In ogni guisa
Lascierò in libertà l’arbitrio vostro.
Matilde. Salva la gloria mia, salvo il decoro,
Qualche cosa farei per la mia pace.
Enrico. Rechinsi due sedili, (alle guardie) A me dappresso
(a Matilde
Non vi fia grave il rimaner per poco. (siede
Matilde. Tanto v’ascolterò, quanto mi lice. (siede
Enrico. Ritiratevi, guardie, e alcun non entri,
Sebben fosse Leonzio.
(Le guardie si ritirano, parte per la porta reale, parte per la comune.
Matilde.   (Alma, costanza!) (a parte
Enrico. Siamo soli, Matilde, onde possiamo1
Liberi favellar. La vostra gloria
Vi costringe a fuggirmi; ed io perdono
Questa crudel necessitade a voi.
Mi lusingo però che assai vi costi
Cotesta indifferenza. Io dal mio core
Misuro il vostro. Quello stesso io sono,
Quella stessa voi siete; e qual ragione

  1. Bett.: potiamo.