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ENRICO 547
Leonzio.   Dove s’intese

Più barbara empietà? Qual core avete,
Enrico, in seno? A un infelice estinto,
A una misera moglie ancor negate
Questo lieve conforto?
Enrico.   Ah di Matilde
Mi predice il mio cor barbaro evento.
Ormondo la vuol morta.
Leonzio.   In ver voi siete
Fedel custode della vita altrui.
O Matilde sen vada, o col mio ferro
Saprò farle1 la strada.
Enrico.   Al genitore
Dovrà tutto la figlia il suo destino.
Vada pur; non lo vieto. Ah che pur troppo
Non la vedrem mai più.
Matilde.   Se questo fosse
L’estremo dì che ci divide, Enrico,
Voi fabbricaste la comun sventura.
Dopo che a voi mi tolse il mio destino,
Dopo che sposa er’io, non dovevate2
Tentar la mia costanza. Alfin son donna,
Facile alla pietà, facile a’ prieghi
D’un amante languente. Il fier contrasto
Del dover, dell’amor ch’i’ avea nel seno,
Voi vedeste pur troppo, e trionfaste
Della mia debolezza. Eccomi cinta
Di vergogna e di duolo. Eccomi indegna
D’amor, di vita e di pietade ancora.
Padre, a ragion di questa figlia ingrata
Voi dolervi potete. Io mal seguendo
Gli alti consigli vostri, al duro passo...
Ma sen muore lo sposo; odo le giuste
Querele sue. Cruda, spietata, infida

  1. Bett.: fargli.
  2. Bett.: più non dovevi.