Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/56

Da Wikisource.
54 ATTO TERZO
Finalmente lo guida al suo supplicio.

Egli è autor della colpa, e Teodora
Umil vedrai senza il nipote a’ fianchi.
Giustiniano. (Sarebbe mai questa pietade amore?)
(da sè, conturbato
Belisario, già sai che a conseguire
Basta sol che tu chiegga. Ah! pensa poi,
Che il chieder tuo troppo a costar non t’abbia.
(Facciasi un’altra prova ancor più forte
Dell’innocenza sua). Narsete, il cenno
S’eseguisca in Filippo, e fa che Antonia
A me tosto ne venga.
Narsete.   E l’uno e l’altro
De’ cenni tuoi ad eseguir non tardo. (parte


SCENA III.




Giustiniano e Belisario.



Giustiniano. Belisario, cotanto è nel tuo core
Il mio cor trasformato, che la stessa
Pena che provi tu, risento anch’io.
Soffrir non posso senza grave affanno
Di vederti languir. Farò che Antonia
Oggi tua sposa sia. Così te lieto
Render io voglio, ed il cor mio contento.
Belisario. Deh! mi perdona. Al letto mio non voglio
Donna che del mio amor piacer non senta.
Che vale il posseder rara bellezza,
Se il cor non si possiede? Io prima voglio
Morir anzichè al sen stringer colei,
Che crudel tanto e tanto ingrata è meco.
Giustiniano. (Sarebbe mai questa ripulsa inganno?) (da sè