Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/107

Da Wikisource.

GIUSTINO 103
Giustino. Ch’io ferisca Anastasio? Ch’io la spada

D’Augusto Imperator rivolga al seno?
Parla così chi mal conosce il core
Di Giustino qual sia. Cesare, io sono
Un tuo fido vassallo. Il Ciel pietoso
Riserbò queste luci alla mia fronte,
Perchè a te riserbassi il trono augusto.
Contro Amanzio pugnai. L’empio ribelle
Da un colpo di mia man cadde trafitto.
Non è questa però l’unica spoglia
Ch’oggi reco al tuo piè. Di Vitaliano
Più non devi temer; comune ha meco
Come il sangue, il desio. Non si contrasti
Ch’ei pacifico in Asia il frutto goda
Del suo valor, di sue conquiste, e avremo
Un rege amico, un difensor fedele.
Umiliati, signor 1; ecco i ribelli.
Rei seguaci d’Amanzio, eccoli in atto
Di chiederti pietade, ed io per essi
Chiedola ancora; io che di man lor tolsi
Le inique spade, ed al tuo piè le 2 trassi.
Non pugnai per desio di rea mercede,
E non per folle vanità d’impero 3.
Bastami l’amor tuo, l’aver serbato 4
A te in un giorno solo e trono e vita.
Deh! perdona, signor, s’io ti rammento
Quel rigor, che costati avrà al tuo core
I più fieri rimorsi. Arianna, Eufemia,
Da me in vita serbate, ed un sì vasto
Popolo che sottrassi 5 a’ tuoi nemici,
M’ottengano 6 da te pietade almeno.
Cesare, la mia fama è quel tesoro

  1. Ms.: Signore.
  2. Ms.: li.
  3. Nel ms. c’è punto e virgola.
  4. Nel ms. si legge: Bastami l’amor tuo, bastami il vanto — D’aver più volte In un sol dì serbato — E trono e vita da chi voleami estinto. — Deh perdona. Signor ecc.
  5. Ms.: ch’io sotrassi.
  6. Ms.: Mi ottengano.