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GIUSTINO 111

parole contro i prìncipi, non possiamo fare a meno di fermarci davanti ad affermazioni come queste: "Io non distinguo - Il vil pastor dal cittadin superbo" (a. I, sc. 7); "Un solo - Fu di tutti il principio; egual materia Forma le membra a un monarca, e forma - Quelle d’un vil pastor {a. I, sc. 1O. - Vedi anche a. V, sc. 7: "De’ suoi soggetti - Arbitro si credea. Misero!". ecc.) A Venezia si respirava anche nel Settecento, chi ne conosca la storia, aualche soffio d’aria repubblicana; e Goldoni diventò più prudente, è vero, nella sua combattuta esistenza, ma timido non fu mai.

Toccò al Giustino, ch’è uno fra gli sgorbi, diremo così, del teatro goldoniano, una fortuna che non arrìse pur troppo ai capolavori comici e a nessun’altra opera drammatica, sia pur mediocre, del Veneziano: cioè che sopravviveste fino a noi il copione scritto a mano dal gran commediografo. Trattasi di un quaderno di carte bianche, di formato comune, senza numerazione di pagine, con la coperta di cartone. Nella testata della prima carta scrìsse l’autore, in alto: Il Giustino || Tragicommedia del Dottor || Carlo Goldoni. Il margine inferiore porta questa indicazione di mano ignota e antica: "Mr. originale con annotazioni in parecchi versi di carattere pur dell’Autore Dott Carlo Goldoni da Vinegia, dappoi Avvocato, insigne Poeta comico morto a Parigi nel 1787 o 88” (sic).

Il prezioso autografo, forse quello stesso che servì nel 1793 allo Zatta per la stampa del Giustino, nel tomo XI, classe 3., della famosa edizione, sfuggito non si sa come alla dura sorte che fece perire tutti gli altri spediti da Parigi a Venezia dal Goldoni negli ultimi anni della sua vita, è ora posseduto dal professor Gino Rocchi di Bologna, uomo di molta dottrina e d’altrettanta modestia, già caro amico al Carducci, come tutti sanno, de’ più antichi e più devoti, ammiratore dell’arte onesta e serena del Goldoni, scrittore finissimo e purissimo: in casa del quale potei, per rara gentilezza, collazionare l'unico testo dell’edizione Zatta, dal quale derivarono le varie ristampe dell'Ottocento e una ristampa di Bologna dentro il secolo decimottavo (presso G. Lucchesini, s. a.). Non sappiamo chi fosse il correttore veneziano che si prese tanta libertà, o piuttosto licenza, nella stampa del Giustino; ma tale fu sempre il destino del Goldoni, che non potè sorvegliare la pubblicazione delle proprie opere e le affidò volentieri alle cure di qualche amico, più o meno istruito nelle lettere. Del resto bisogna confessare che il revisore dello Zatta corresse pure più di un errore manifesto, sfuggito al buon dottor veneziano. All'egregio professor Rocchi esprimo qui, come posso, con animo affezionato, tutta la mia sincera gratitudine.

G. O.