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170 ATTO TERZO
Tamas. Non conoscete il cuore...

Machmut.   Rispettami una volta!
Tamas. Vi ascolterò.
Machmut.   Tu celi sotto ragion mendace
L’amor che nutri in seno per una schiava audace.
Di questo amore indegno niun ti contrasta il foco;
Si tollera, si tace, e per te ancora è poco?
Tace e tollera un padre, lo sa la sposa istessa;
Tu il genitore insulti, vuoi la consorte oppressa...
Tamas. Una consorte indegna...
Machmut.   Taci.
Tamas.   Che per vendetta...
Machmut. Taci.
Tamas.   Non parlo.
Machmut.   Ardito! m’ascolta, e mi rispetta.
Che far puote in un giorno, anzi in poch’ore appena,
Al talamo guidata, figlia di rossor piena?
A preparar veleni, a meditar fierezza,
Tempo vi vuole, e un’alma ai tradimenti avvezza.
Sciocchi pretesti indegni, d’alma ribalda e nera,
Sedotta da una schiava, che le comanda altera!
Empio, col ferro in mano minacci una donzella?
Ecco perchè l’Europa barbari noi appella;
Non per le leggi nostre, non per il culto al Nume,
Non perchè di scienza in noi non siavi il lume;
Ma perchè un uom lascivo, pien di scorrette voglie,
Al piacer d’una schiava sagrifica una moglie.
Tamas. Permettete ch’io parli?
Machmut.   Oh tracotanza 1 estrema!
Non lo permetto ancora; odimi, audace, e trema.
Trema del tuo destino, trema del tuo periglio:
Odi a che mi esponesti, ingratissimo figlio.
Non si conosce in Persia nobiltà de’ natali;
Fuor della regia stirpe, tutti siam nati eguali,

  1. Ed. Pitteri: traccotanza.