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LA SPOSA PERSIANA 173
Che or fanno i maldicenti, or fan gli adulatori,

E quando dicon bene, e quando dicon male,
Sempre in lor l’interesse alla ragion prevale!
Possano andar raminghi per l’Asia, e mal pasciuti,
Come in Europa sono in obbrobrio venuti,
Sbanditi dalle genti cotai spiriti inquieti,
Derise e svergognate le satire, e i poeti.
Odimi, Osmano, il vero celar fia cosa vana.
Mio figlio ama una schiava, il di cui nome è Ircana.
Osmano. Che ami una schiava, è poco; ne ami anche dieci, è nulla;
Sposa soffrir lo deve, sia donna, o sia fanciulla.
Basta che non ardisca, per un amore insano,
Tenere a lei soggetta la figliuola di Osmano.
Machmut. No, non temer.
Osmano.   Se invano temer ciò si dovesse,
Non sentiriansi i vati cantar satire espresse;
Le donne dagli eunuchi han preso l’argomento,
E Fatima è ormai resa l’altrui divertimento.
Machmut. Da un padre e da un amico chiedo consiglio e aita.
Osmano. Odimi: a quante schiave questa superba è unita?
Machmut. Quelle del genitore non son quelle del figlio.
Le sue dieci saranno.
Osmano. Eccoti il mio consiglio:
Dieci donne son troppe; vendi l’audace Ircana.
Cesserà ogni periglio, quando è costei lontana.
Machmut. Facciasi.
Osmano.   Ogni dimora può assassinare il cuore
Di un figlio affascinato.
Machmut.   Si cerchi il compratore.
Osmano. Com’è costei?
Machmut.   Vezzosa.
Osmano.   Giovine?
Machmut.   Giovinetta.
Osmano. Lavora?
Machmut.   Nel ricamo l’ho trovata perfetta.