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240 ATTO PRIMO
A ripeterlo torno, la padrona voi siete.

Zilia. Cellina, ove siam noi? Dove son io guidata?
Questo è albergo di fate? è un’isola incantata?
Siam trasportati forse, con magica possanza,
Ai regni del Perù, dov’ebbi culla e stanza?
O in seno della Francia i spirti condannati
Han del Perù dai regni gli alberghi trasportati?
Fuori dell’Indie nostre nulla di mio1 possiedo.
O un’illusione è questa, o al vostro dir non credo.
Cellina. Datevi pace; udite. Gli ori con voi rapiti
In mobili e in terreni fur per voi convertiti.
Deterville che v’adora, di cui germana io sono,
Offre a voi quel ch’è vostro, sia per giustizia, o dono.
Zilia. Anima generosa! ora v’intendo appieno.
Qual sua pietà mi desta maraviglia nel seno!
Oh Francia fortunata, poiché ne’ figli tuoi
Fioriscon le virtudi più belle degli eroi!
Cellina. Zilia, per lui che tanto pensa a recarvi 2 onore,
Sarete unqua pietosa? Gli negherete il cuore?
Zilia. Ah, Cellina, non ha ch’egli a bell’opre avvezzo,
Perda dell’opra il merto nel ricercarne il prezzo.
Se per virtù mi dona, lieta i suoi doni accetto;
Tutto accettar ricuso, se mi domanda affetto.
Celuna. Ma perchè mai sì avversa ad uom che sì v’adora?
Zilia. Già ve lo dissi, amica; ve lo ripeto ancora.
Amo colui che primo mi offrì gli affetti suoi;
Quando una volta s’ama, sempre amasi da noi.
Sia forza di natura, che in noi regna perfetta,
Sia educazion del tempio, a cui vissi soggetta,
Esser costanza appresi legge dell’uman cuore,
Ed il mancar di fede detestabile errore.
Sembranmi dell’Europa belli i costumi e gli usi;
Ma dei teneri affetti mi spiacciono gli abusi.
Cangiar sì facilmente di cuore e di pensiero,

  1. Ed. Zatta: ciò.
  2. Ed. Zatta: arrecarvi.