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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/263

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LA PERUVIANA 259
Non so se m’intendete. Ma in pratica si vede,

Che fra due litiganti sta meglio chi possede. parte

SCENA VII.

Madama Cellina, poi Monsieur Rigadon.

Cellina. Sa costui quel che dice; poco il germano è accorto.

Dovea tosto sposarla. Ora il meschino ha il torto.
Rigadon. Deterville dov’è?
Cellina.   Noi so, non l’ho veduto.
Rigadon. Sapete voi la nuova del Peruvian venuto?
Cellina. Lo so. Non è in Parigi?
Rigadon.   Certo, signora sì;
Ma credo che a momenti lo vedrem venir qui.
Cellina. Venga. Che importa a noi?
Rigadon.   Che importa? importa assai.
A Deterville1 compagno pazzo non vidi mai.
Intesi che di Zilia sposo esser dee costui;
E questa villa e i mobili saran dunque di lui?
Se Detervill per moglie la femmina prendea,
Aver figli da quella poteva2 e non potea.
Potea sperarsi in parte da noi goderne il frutto;
Ora se d’altri è fatta, da noi si perde il tutto.
È un’ingiustizia questa, ch’ei fa ai nipoti suoi;
Nè io soffrir lo voglio, se lo soffrite voi.
Cellina. Ma in queste spese alfine l’oro di Zilia io vedo.
Rigadon. Non so, non vuo’ saperlo. Lo credo, e non lo credo.
Dov’è la vostra dote?
Cellina.   Di lei siete sicuro.
Rigadon. Non lo so, non la vedo. Vuo’ metterla al sicuro.
Deterville è onorato...; non ho temuto mai;
Ma in dote ebbi finora solo fastidi e guai.
E già che alla mia sposa amor non mi fe’ caro,
I beni non si perdano, non perdasi il denaro.

  1. Nel testo, qui e più sotto: Detervill.
  2. Edd. Pasquali e Zatta: potea.