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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/287

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LA PERUVIANA 283
Dille che venga subito, che è ricercata.

Pasquino.   Chi?
Rigadon. Madama.
Pasquino.   Oh perdonate, andar non son sì scaltro;
Sento lo schiaffo ancora, e non ne voglio un altro.
Rigadon. Non temer, s’io ti mando.
Pasquino.   Signor, chiedo perdono.
Ditemi pria chi siete.
Rigadon.   Il suo consorte io sono.
Pasquino. Voi suo consorte?
Rigadon.   Sì.
Pasquino.   Vado a chiamarla, affé.
Rendetele lo schiaffo, ch’ella m’ha dato a me.
Ora che mi ricordo, di voi detto ha così,
Che non valete niente... e poi... e signor sì. parte

SCENA II.

Monsieur Rigadon. poi Madama Cellina.

Rigadon. Questa insolente donna cerca d’impazientarmi;

Se non fosse un riguardo, vorrei precipitarmi.
Da lei, da suo fratello andarmene vorrei,
Se non avessi in cuore la dote e i figli miei.
Cellina. Ben tornato, signore.
Rigadon.   Ben trovata, madama.
Scusi se l’ho sturbata.
Cellina.   Siete voi che mi chiama?
Rigadon. Son io per ringraziarla.
Cellina.   Di che?
Rigadon.   D’ogni insolenza
Che di me dir le piacque, dopo la mia partenza.
Cellina. Via non facciamo scene, so quel che dir volete.
Pasquino è un ragazzaccio, e voi mi conoscete.
Partiste per Parigi senza dir niente a me.