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292 ATTO QUARTO
Pierotto. Pregatemi.

Zulmira.   Vi prego.
Pierotto.   Ancora un poco più.
Zulmira. Gettomi a’ vostri piedi, se lo chiedete ancora.
Pierotto. No, per amor del cielo, sarei perduto allora.
Quando una donna vedo supplichevole in atto,
Sento dal capo ai piedi intenerirmi affatto.
Zulmira. Dunque che sperar posso?
Pierotto.   Aza chiedete?
Zulmira.   Sì.
Vorrei parlar con esso.
Pierotto.   Ben, faremo così:
Verrete in casa mia. Sto qui poco lontano,
Parlerete con lui; Pierotto ha il cuore umano.
Ma intendiamoci bene, con due condizioni:
Una ch’io sia presente a esaminar le azioni;
L’altra, che consolata partendo dal mio tetto,
Mi ringraziate ancora con quel grazioso occhietto.
parte
Zulmira. Il padre mio m’impose... Perdoni il genitore,
Tenero amor d’amante parla di figlia al cuore.
Parta, resti, sia sposa, o mi lusinghi in vano;
L’ha da saper il mondo, s’ha da svelar l’arcano.
parte

SCENA VII.

Stanza nella casa di Pierotto.

Zilia sola con un foglio in mano, sedendo presso ad un tavolino.

Ah, che sfuggir vorrei la luce anche del sole;

M’annoia chi mi guarda, m’annoian le parole.
Di Deterville istesso parmi funesto il ciglio,
Odio chi mi consola, chi dar vuolmi consiglio.
In questa stanza almeno, ch’è del fattore albergo,