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302 ATTO QUINTO
Zulmira. Dunque lasciar vogliamo agl’inimici il campo?

Voi che d’amor languite, io che di sdegno avvampo?
Tutto si tenti almeno, prima di perder tutto.
Deterville. Noi perderem, Zulmira, della vendetta il frutto.
Torno qual fui infelice, prima che al mio pensiero
Porgeste voi di speme quel raggio menzognero.
Torni la mia virtute a superar nel cuore
I stimoli feroci dell’ira e dell’amore.
Se il mio destin crudele misero ognor provai,
Perder potrò la vita, ma la virtù non mai. parte

SCENA IV.

Donna Zulmira sola.

Della virtude il nome spesso vantare intesi;

Ma quanto costi usarla, or dall’esempio appresi.
Se Deterville per questo soggettasi alla morte,
Io non mi comprometto d’aver alma sì forte.
So che soffrir in pace l’affanno anch’io dovrei.
Ma se potessi farlo, sì, mi vendicherei.
Che se parlarmi al seno la mia ragion procura,
Parla con egual forza l’amore e la natura.
Sia l'ambizion del cuore, o sia la debolezza,
L’onte a soffrir in pace ancor non sono avvezza;
Giustificar potendo con ciò lo sdegno mio:
Sono d’Alonso figlia, son puntigliosa anch’io.
Con tal fra noi divario, che l’ire sue son corte;
Ma si vedran le mie durar sino alla morte, parte

SCENA V.

Serpina sola.

Il cuor della padrona or sì che ha preso foco.

Divenuta è impaziente. Vuo’ respirare un poco.
Oh quante mutazioni! Oh quante stravaganze!