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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/308

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304 ATTO QUINTO
Sedia comoda agiata s’offra al di lui riposo.

Aza che è di Re figlio, Aza sarà mio sposo.
Serpina. Sì sì, non dubitate, Aza sarà contento.
Si renderà più adorno il ricco appartamento.
Ma il povero infelice che tutto ha preparato,
Altri vedrà godere, ed ei sarà scacciato.
Zilia. No, Deterville di tutto sarà padrone ognora.
Serpina. Oh oh, mi vien da ridere. Compatite, signora:
Levate da un anello la pietra rilucente,
L’oro che la legava, non stimasi più niente.
Levata voi, che siete gioja preziosa onesta,
Il povero signore non cura quel che resta.
Vi compatisco, è vero: il Peruviano è primo.
Anzi la vostra fede, per dir il vero, io stimo.
Ma spiacemi quell’altro veder mesto ed afflitto.
Se si potesse farlo, se non fosse un delitto...
Zilia. Che far potrei per esso?
Serpina.   Potreste fare assai.
Ma quel che non è bene, non si dee far giammai.
Parlo talor da pazza; senza pensar ragiono:
Ma in materia d’onore sottilissima sono.
Anch’io nel vostro caso so quel che far dovrei;
Ma il Cielo me ne guardi, non so quel ch’io farei.
parte

SCENA VII.

Zilia, e poi Deterville.

Zilia. L’anime più volgari ponno esitare in questo.

Chi è nato in nobil cuna, sa preferir l’onesto.
Amerei Deterville, se lo volesse il fato;
L’amerei perchè mi ama, e merta esser amato.
Deggio lasciarlo e peno, ch’ei per me s’addolore.
Sarà nel rammentarlo eterno il mio rossore.