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306 ATTO QUINTO

SCENA VIII.

Aza e detti.

Aza. Signor, a quel ch’io vedo, Aza è a tutti molesto.

Datemi la mia sposa; ed al partir mi appresto.
Deterville. Eccola. (mostrandogli Zilia
Zilia.   E sarà vero, che sia Zilia sposata
Da rio dolor trafitta? da Deterville odiata?
Aza. Zilia, v’è tempo ancora. Tutto, per darti aita,
Tutto perdei, poss’anche perder per te la vita.
Se amor, se gratitudine, se compassione o impegno
A Deterville ti lega, sposalo, s’ei n’è degno.
Lasciami prima almeno, lasciami andar lontano...
Deterville. Zilia, non vi è più tempo. Porgetegli la mano.
Zilia. Soccorretemi, o Numi, in sì fatal contrasto.
Sola del cuor gli obbietti a superar non basto.

SCENA IX.

Monsieur Rigadon. Madama Cellina, Kanich1, Pierotto e detti.

Rigadon. Venga, signora mia, che tutto ora saprà.

Ora sarà appagata la sua curiosità.
(parlando con madama Cellina
Cellina. In verità è garbato, signor consorte mio. (a Rigadon
Pierotto. (Chi diavol è colui? sono curioso anch’io). da sè
Deterville. Che c’è, signor cognato? Chi è quel che vien con voi.
Rigadon. È un Peruvian che brama veder gli amici suoi.
Conoscer lo dovreste; egli è un di quei che presi
Furono a Zilia insieme, e prigionier fur resi.
Deterville. Riconoscerlo parmi.
Zilia.   Vedi Kanich? ad Aza

  1. Manca costui, in tutte le antiche edizioni, nell’elenco dei Personaggi: vedi pag. 231.