Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/315

Da Wikisource.

LA PERUVIANA 311
Se oprasse la natura, sarebbe in tutti eguale;

Quanti fratelli s’odiano? quanti si fan del male?
Se della fratellanza prova fosse l’amore,
L’odio loro alle madri farebbe disonore.
Questo amor di natura, signore, io non l’intendo;
Veggo tutto il contrario, se l’apparenza attendo.
Un padre ama un figliuolo, se del suo sangue il crede.
Odiar il proprio figlio da chi nol sa, si vede.
Onde del mio discorso quest’è la conclusione,
Amasi quel che piace, e basta l’opinione. parte
Rigadon. Non dice mal Pierotto: amasi quel che piace;
E s’odia e si abborrisce la cosa che dispiace.
Il vincolo non vale a far la simpatia,
Io non potrò in eterno amar la moglie mia.
Dacché ci siamo uniti, pace fra noi non fu:
Eppure ebbi tre figli; ma non ne voglio più. parte

SCENA XII.

Aza e Zilia.

Zilia. Aza, se Zilia t’ama, sia testimonio il Cielo:

Ma la passion non ponga alla ragione il velo.
Ora siamo Europei. Non vuol la legge, il rito,
Che sia della sorella il suo fratel marito.
Ma questa legge istessa, che amica è di natura,
in noi non potrà spegnere l’onesta fiamma e pura.
Se t’adorai lontano, dal rio destino oppressa,
Vicin non potrò amarti colla virtude istessa?
Se in te più del tuo ciglio mi piace il nobil cuore,
Chi vieterà ch’io serbi ad un germano amore?
Aza. Sì, Zilia mia, calmato ha la ragione il foco:
Sento il desio nell’alma cambiarsi a poco a poco.
Nelle grand’opre ha sempre la sua gran parte il Cielo.
Egli avvalora i spirti, egli m’infonde il zelo.