Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/341

Da Wikisource.

IRCANA IN JULFA 337
Zaguro. Non fa per noi tal schiava. (a Demetrio

Demetrio.   Che costaci il vederla?
(a Zaguro
Zaguro. Sarà vana, orgogliosa.
Bulganzar.   Oh se potessi averla
Io, povero qual sono, so certo che darei
Tutto quel che mi trovo, per posseder colei.
Se avessi a’ merti suoi moneta equivalente...
Ma! di già mi capite. Son un che non ha niente.
(s’accosta ad Ircana
Zaguro. Non ti fidar d’un nero, ch’esser può mentitore.
(a Demetrio
Demetrio. Cercar dee suo vantaggio, non altro, un compratore.
Zaguro. In società noi siamo, è ver; ma ti protesto,
Se tai schiave tu compri, socio non sono in questo.
Demetrio. Da me la schiava offerta comprata ora non fu;
Voglio, per mio talento, vederla, e nulla più.
Bulganzar. (Ecco i mercanti Armeni. Parla con leggiadria), (ad Ircana
(Se piace, avrò del prezzo anch’io la parte mia). da sè
Demetrio. Accostati. Chi sei?
Ircana.   Ircana è il nome mio.
Son Maomettana, ed ebbi Tartaro il suol natio.
Demetrio. Hai genitori?
Ircana.   Ingrati! mai non ne avessi avuto.
Demetrio. Perchè ingrati li chiami?
Ircana.   M’hanno i crudei venduto.
Demetrio. Qual era il loro stato?
Ircana.   Libero in povertà.
Demetrio. Peneresti con loro.
Ircana.   Godrei la libertà.
Demetrio. Questa non ti fu resa?
Ircana.   Tardo mi giunge il dono.
Demetrio. Tardo perchè?
Ircana.   Qual fui, misera! or più non sono.
Demetrio. Non ritorni qual fosti, se il laccio or non ti aggrava?